Come ci riporta puntualmente in un commento l'amico "Conte Porta", si sono avuti toni di amicizia e simpatia nella lunga conversazione avuta tra il nostro Premier e il neo eletto Presidente USA. A differenza dell'epoca Prodi quando era necessario anche un traduttore dagli sproloqui del professorucolo all'italiano, questa volta la conversazione si è tenuta in inglese, lingua di cui Silvio è perfettamente padrone. "Tu sai quanto in Italia ci sia entusiasmo per la tua elezione Barack" "E tu sai quanto l'Italia sia un partner prezioso e insostituibile sullo scenario internazionale a supporto delle nostre truppe", queste sono alcune delle frasi che si sono scambiate i due. Ovviamente hanno parlato a lungo anche di abbronzatura, non potete immaginare Obama quanto si sia offeso per la battuta di Silvio! Praticamente l'argomento nemmeno è stato sfiorato... (come ci si aspetta da persone serie).
Poi in questi giorni possiamo apprezzare la linea di governo di Obama che è stata indicata in modo inequivocabile, premettendo che Obama ha anche ricevuto "gli auguri" pure da Bin Laden in persona che ha promesso che punirà il nuovo governo americano con un attentato ancora peggiore di quello dell'11 Settembre. 1. Nessuno sconto all'Iran che è considerato da Obama semmai un pericolo ancor peggiore di quanto non lo considerasse Bush. 2. Nessuna trattativa con Hamas in palestina. 3. Più tutela e sgravi fiscali per la CLASSE MEDIA. Per capirci meglio la CLASSE MEDIA è proprio quella categoria sociale contro la quale i "democratici de noantri" di Prodi, Veltroni e Er Bucìa affiancati dai loro amichetti dei centri sociali si sono avventati con odio e ferocia quando erano al governo, per favorire i loro amici capibanca, capibranco, e i dirigenti parassiti delle società e aziende di fannulloni che campano coi finanziamenti statali (purtroppo ce ne sono ancora troppe) e per costringere i membri della classe media alla povertà per poi doversi sottomettere ai vari boss dei sindacati e dei patronati rossi. Yes we can! "Si noi possiamo"... TRANQUILLAMENTE DIRE CHE I VELTRONARI SE LA SONO PRESA ANCORA UNA VOLTA IN QUEL POSTO...
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Berlusconi: «Barack mi ha detto: voi italiani siete degli alleati insostituibili»
Obama gli ha chiesto suggerimenti sui rapporti con la Federazione russa. Il colloquio si è svolto in inglese
ROMA - Berlusconi: «Tu sai bene come nel mio Paese si considera straordinaria la tua vittoria, che ha il profumo di un cambiamento epocale...». Il tono e il mood del Cavaliere sono stati caldi e affettuosi, come vuole una telefonata di congratulazioni. Obama: «Noi consideriamo l'Italia un partner insostituibile, sia per il ruolo che svolgete in Europa sia per il vostro impegno al nostro fianco in molte zone del mondo, in Afghanistan come nei Balcani come in Medio Oriente». Parole, per di più pronunciate da una persona che nei rapporti professionali viene descritta come un freddo, che hanno toccato il cuore del nostro presidente del Consiglio.
La telefonata fra il Cavaliere e il nuovo presidente degli Stati Uniti si è svolta quasi senza interpreti. L'inglese del premier non sarà perfetto ma è molto migliorato negli ultimi anni. I traduttori americani non sono intervenuti se non per alcuni istanti, in una conversazione durata circa 20 minuti. Conversazione che per la Farnesina, per lo staff del capo del governo e per Berlusconi stesso, ammesso e non concesso che ce ne fosse bisogno, ha spazzato via qualsiasi ombra sulle relazioni nascenti con Obama: «Solo i cretini avevano dei dubbi», ha commentato a caldo, con un suo ministro, il presidente del Consiglio. Nella diplomazia italiana, sia fra chi ha letto il rapporto steso al termine della telefonata sia fra chi ha avuto modo di ascoltare le parole del Cavaliere, si rimarcano alcuni dati: Obama ha riconosciuto esplicitamente il ruolo del nostro Paese nelle politiche comunitarie, ha definito «insostituibile» il nostro contributo in alcune delle principali zone calde del mondo, ha ascoltato e chiesto con attenzione le valutazioni di Berlusconi sul governo della Federazione russa.
Almeno un altro dato è stato particolarmente apprezzato dal presidente del Consiglio nel corso della telefonata: il riconoscimento della posizione di «questo governo», secondo l'espressione usata dal nuovo presidente americano per indicare l'Italia, nei confronti del-l'Iran.
Una posizione di intransigenza, sul dossier nucleare, che è stata associata ad un esplicito ringraziamento: «Abbiamo apprezzato molto la fermezza di questo governo, a proposito dell'Iran». Può anche essere letta come una frase che fa un distinguo rispetto al governo precedente, l'esecutivo Prodi che aveva posizioni più morbide nei confronti dei principali dossier mediorientali. Ma l'analisi delle parole conta sino a un certo punto, anche nello staff di Berlusconi. Il dato più importante, associato anche ad un certo sollievo per non dover più seguire una polemica giudicata «ridicola», è che il caso Obama è finalmente chiuso.
Di quell'aggettivo, «abbronzato», speso da Berlusconi durante la visita a Mosca, durante la conferenza stampa con Medvedev al Cremino, non si è fatto alcun accenno durante il colloquio con Obama. Forse indirettamente, ma anche questa è un'interpretazione, può essere trovato un riferimento quando il Cavaliere ha enfatizzato la sua stima personale nei confronti del futuro inquilino della Casa Bianca. Una stima che ha una genesi nella lettura del discorso pronunciato da Obama il giorno della nomination: «Un discorso che tocca al cuore, frasi brevi, secche, da grande comunicatore e soprattutto da vero leader», commentò allora il nostro capo del governo. Due giorni fa la seconda telefonata con quel leader (la prima è di tre settimane fa, per formulare gli auguri di rito) ha lasciato Berlusconi particolarmente soddisfatto: «Figuriamoci se posso preoccuparmi delle critiche di chi ha il costume di bruciare le bandiere americane nelle piazze...».
Sembra che hanno vinto i sinistroidi. Qualcuno resterà deluso.
Berlusconi e Obama, un faccia a faccia che al Pd può risultare indigesto
Barack Obama sarà presto il nuovo presidente degli Stati Uniti, Walter Veltroni festeggia in piazza e sui giornali, ma tra qualche giorno sarà Silvio Berlusconi ad incontrare il 44esimo presidente a stelle e strisce. L’appuntamento è a Washington il prossimo 15 novembre in occasione del G20. George W. Bush presedierà l’evento, ma all’avvio del processo di riscrittura delle regole della finanza mondiale non poteva mancare colui che per i prossimi quattro anni guiderà gli Stati Uniti, ed infatti l’invito da parte del presidente uscente è puntualmente arrivato.
Il leader del Pd rivendica il rapporto privilegiato avviato nel 2005 con Obama quando scrisse la prefazione alla versione italiana del libro L’audacia e la speranza, ma il Cavaliere condivide con Obama il calendario e la coincidenza temporale tra i due mandati obbligherà molto spesso i due leader a confrontarsi. Se a ciò si aggiunge l’avvio con il primo gennaio del semestre di presidenza del G8 a guida italiana, si ha la conferma di quali occasioni si offrono al premier italiano di stringere con Obama un rapporto analogo a quello avuto con Bush.
D’altra parte l’Italia, che sta costruendo gli elicotteri con i quali volerà il prossimo presidente, è sempre stata un alleato più che affidabile per gli Stati Uniti e oggi, in un intervento su ”Il Sole24ore”, è l’ambasciatore italiano a Washington Gianni Castellaneta a ricordare che «gli Stati Uniti valutano da sempre i propri partners sul metro del valore aggiunto e dell’efficacia». All’Italia e agli altri paesi europei viene quindi chiesto di svolgere ognuno il proprio ruolo, in quell’ottica molto pragmatica che da sempre caratterizza la politica estera americana specie quando si occupa dell’Europa.
La visione multipolare della politica estera americana, ribadita da Obama più volte durante la campagna elettorale, non farà che aumentare l’interlocuzione con i leader dei paesi alleati. Dalla sua Berlusconi non ha però solo l’avvio del semestre di presidenza del G8 che a giugno porterà in Sardegna Barak Obama insieme ad un nugolo di leader mondiali. Il rapporto strettissimo con la Russia di Vladimir Putin, è l’altro passaggio che da qualche anno segna la politica estera di Berlusconi. Il Cavaliere ha difeso l’amico russo anche nei momenti difficile della Cecenia e della Georgia. Anche a costo di subire l’irritazione del vicepresidente Cheney che qualche settimana fa è volato a Roma per chiedere conto a Berlusconi del rappporto con Mosca. Non è forse un caso che il giorno dopo la vittoria di Obama e la minaccia del presidente russo Medvedev di schierare missili nell’enclave di Kaliningrad, Berlusconi sia oggi a Mosca con mezzo governo italiano.
Visto che solo con il coinvolgimento di Mosca si possono affrontare argomenti decisivi per la Casa Bianca come il dossier nucleare iraniano e la crisi mediorientale, si comprende quale spazio Berlusconi possa avere per ribadire, anche con Obama-presidente, il rapporto stretto con gli Stati Uniti. Un rapporto che alla fine, nel quadro della politica delle alleanze che caratterizza la politica italiana, rischia di essere più indigesto al Pd che alla Pdl. Anche alla sinistra del Pd in queste ore si festeggia per la vittoria del candidato di origine afro-americana, ma è facile immaginare che la musica possa cambiare quando Obama chiederà all’Europa più uomini da schierare in Afghanistan e avvierà quel promesso e corposo aumento del numero di soldati di leva che nemmeno l’amministrazione Bush aveva osato.
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